INTERVISTA DEL L’AMLETICO DEL 20 SETTEMBRE 2020
L’introvabile eleganza della Camiceria Bazzocchi
Se cercate qualche oggetto particolare per una serata in cui non volete sfigurare, la Camiceria Bazzocchi ha tutto l’occorrente. Cravatte e papillon dipinti a mano, spilloni per ascot, reggimaniche e tanto altro. Ma sopratutto: le camicie su misura. Una bottega, quella in via del Tritone 141, centenaria. Eppure, quante volte sarete passati su una delle vie più importanti di Roma senza averla notata? È lì dal 1907 e ora è portata avanti da Olimpia Bazzocchi, che racconta la storia di uno dei lavori artigiani più antichi della capitale.
Sulla vostra porta d’ingresso c’è scritto: “Bottega storica: l’identità di Roma”.
Ma noi non siamo solo una bottega storica, siamo una bottega storica d’eccellenza. Ce ne sono molte poche a Roma: solo 11 nell’albo del Comune. Quando l’hanno costituito, c’erano delle regole molto restrittive per conseguire il riconoscimento. Pensi che ci sono botteghe più anziane di noi che non l’hanno ottenuto.
Da quanto lo avete?
Aspetta che te lo dico. Cerca il documento. Ecco qui, dal 2011.
E da quante generazioni andate avanti?
Tre. Mio nonno è stato il primo.
Entrando qui sembra di fare un salto nel passato. Anche l’insegna è storica, giusto?
Sì, è dell’epoca. È un liberty floreale, ne parlano anche alcuni libri (ndr, Negozi d’Epoca, Argos 1992) alla Biblioteca Storica Capitolina.
Bottega d’eccellenza è solo un titolo o porta ad avere anche delle tutele?
Noi siamo sotto stratto esecutivo da 15 anni. Credo ci siano stati 15-20 accessi dell’ufficiale giudiziario qui. Per assurdo, se volessero, potrebbero mandarci via domattina. Il Comune di Roma però ci ha tutelati, intervenendo ogni qual volta hanno cercato di mandarci via.
Come riusciva il Comune a fermare lo sfratto?
Attraverso opere di dissuasione che ci facevano prendere tempo. Devo dire che, nel momento in cui abbiamo avuto bisogno, ci ha aiutato chiunque ci fosse al potere, indipendentemente dalla forza politica. Certo, per arrivarci abbiamo dovuto farci sentire. Manifestazioni, picchetti, cartelli e un grandissimo aiuto dell’Associazione Botteghe Storiche di Roma.
Certo, se i proprietari decidono di vendere c’è poco da fare.
Vero, la proprietà è sacra e non si può limitare. Però, nel mio caso, ma anche per altre botteghe, si tratta di riconoscere un bene che va al di là della proprietà del locale e che diventa qualcosa di più.
“Patrimonio storico” come dice l’art.9 della Costituzione?
Sì, per questo bisogna trovare un punto d’incontro.
E ora? Qual è il rapporto con il proprietario?
Il proprietario di questo locale è la Pirelli. Al momento non hanno più fatto valere il loro diritto. Anche se non so ancora per quanto tempo.
Non tutte le botteghe storiche sono riuscite a sopravvivere, come il Caffè della Pace.
Abbiamo cercato di fermare insieme la trasformazione in albergo, ma non c’è stato nulla da fare. La proprietà, un ente ecclesiastico, non ha voluto sentir ragione.
Non c’è stato dialogo?
No, non si sono presentati neanche agli inviti del Comune di Roma.
Tra i vostri clienti chi avete avuto?
Da Re Faruq a Burt Lancaster, che veniva qui per le camice. Mamma mi raccontava che quando l’attore americano era qui a Roma, lei andava dove alloggiava per prendergli le misure.
Chissà quale emozione. E di Re Faruq cosa le raccontava?
Che arrivava qui con le figlie e chiedeva camicie da cavallerizze, perché le portava a cavallo. Ma tra i nostri clienti ci sono stati anche tante persone del mondo dello spettacolo, come Carosone.
E oggi qual è la vostra clientela?
Abbiamo i clienti affezionati, ma molto viene dal turismo. Anche se, in questo momento, ci giriamo i pollici.
Vi capita che i turisti passino al locale solo per visitarlo?
Sì, vengono per vederlo, come un museo. Sia turisti stranieri che italiani.
E i romani come lo vivono?
Quelli che hanno partecipato con noi alle lotte, spesso vengono e ci dicono: “Meno male che siete ancora qua. Non mollate”. Ci incitano perché ci tengono.
Fate tutto qui?
Sì, tutto su misura, tutto lavorato a mano. Bottoni, asole, spallucce. Infatti ci vogliono almeno 30 giorni per un capo completo. Il lavoro è molto delicato.
Il materiale da dove viene?
È tutto italiano. Su questo libro può vedere tutti i tessuti che abbiamo in laboratorio. Lei lo sceglie, noi prendiamo le misure e le facciamo il vestito. Vendiamo anche papillon, annodati o sciolti. Che poi è il vero papillon, se andiamo a vedere.
E quel papillon dietro di lei com’è stato fatto?
Questi sono dipinti a mano. C’è un artista che ci dipinge papillon e cravatta.
Come si chiama?
Santandrea. Collabora con noi da circa 15 anni.
Cercate di proporre prodotti sempre nuovi, un’evoluzione continua.
Sì, siamo sempre in evoluzione.
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